mercoledì 22 luglio 2009

Seconda giornata Reggae Train Sun fest 2009

Chiusura col botto per il “Reggae Train Sun fest 2009” al Parco delle biodiversità di Catanzaro. Tre concerti dal vivo, tre spettacoli belli e originali, che hanno catturato e fatto letteralmente “saltare” le centinaia di persone giunte fino al capoluogo di regione nonostante la serata condizionata da un vento sferzante e da una temperatura decisamente fresca. Le condizioni atmosferiche non hanno, comunque, impedito agli spettatori provenienti da tutta la Calabria di gustare il giovane reggae dei Marvanza, le consolidate sonorità di Gioman & Killacat, lo show finale del giamaicano Mr. Vegas. Anche ieri il pomeriggio è trascorso con visite agli stand sociali e alla mostra di Niko Citriniti, mentre alcuni writers hanno completato il grande murales dedicato al festival. In serata, il via alla musica dal vivo e dopo i vari soundcheck, i primi ad esibirsi sono stati i Marvanza reggae sound, gruppo emergente di Monasterace, che ha regalato ai presenti alcuni brani del loro lavoro d’esordio, “Frontiere”. Un mix interessante di denuncia e ironia, con canzoni contro la violenza e il degrado sociale che attanaglia i territori calabresi, ma anche una originale versione di “Stessa spiaggia stesso mare” di Edoardo Vinello. Tanta energia e calore per il gruppo reggino protagonista di un curioso fuoriprogramma quando, durante l’esibizione, sono saliti sul palco una coppia di sposi che hanno cominciato a danzare insieme a loro. A seguire, ci hanno pensato i beniamini di casa Gioman & Killacat (i fratelli catanzaresi Giovanni e Marco Morelli) ad infiammare un pubblico diventato via via più numeroso ed entusiasta. Accompagnati dalla Rockers band, i due non si sono risparmiati ed hanno dato vita ad uno spettacolo molto intenso in cui hanno riproposto il loro percorso musicale. E infatti, gli appassionati si sono divertiti riascoltando pezzi come Solo tu, Anche quando o Pull up (cantati già nel 2004), brani dell’album Vruscia come Musica domina e Ti controllano, fino a tracce del recente lavoro “Block notes”, tra cui Musica, Non ni canuscianu e Il sole dentro me. Quindi, il gran finale con lo show di Mr Vegas. L’artista giamaicano si è fatto attendere ma quando ha cominciato ad utilizzare il microfono non si è più fermato. E che avrebbe riscaldato del tutto la platea lo si è capito quando è sceso dal palco per spostare le transenne e avvicinare i più affezionati che, senza farsi pregare, si sono messi a cantare e ballare a stretto contatto col loro beniamino. Tra una citazione di Bob Marley e un tributo a Michael Jackson, accompagnato dalla Thugz band, Mr Vegas ha proposto i suoi brani più noti, dal recente I am blessed, che dà anche il nome al suo tour, a Do you know, da Tek weh youself a Hot wuk. Il trentacinquenne di Kingston ha cantato per circa un’ora prima di chiudere il concerto e abbassare il sipario al “Reggae Train Sun fest 2009”, un evento originale e interessante che sen ben supportato può diventare un appuntamento fisso dell’estate catanzarese.

Prima giornata Reggae Train Sun fest 2009


Parte bene il “Reggae Train Sun fest 2009”, il primo festival del genere in Calabria che ha preso il via venerdì pomeriggio nella suggestiva cornice del Parco delle Biodiversità di Catanzaro. I giovani avventori, provenienti un po’ da tutta la regione, hanno potuto apprezzare tanta buona musica, fare un tuffo nella vita di Bob Marley, approfittare dei vari stand allestiti sul prato per acquistare un maglietta, firmare una petizione o conoscere i vantaggi di comprare prodotti biologici a costo zero. Favorevole anche il clima: a parte il fastidioso caldo del pomeriggio, in serata ha preso posto una piacevolissima brezza che ha accompagnato le danze fino all’una di notte. Mentre ai dischi si alternavano selezionatori provenienti da tutti Italia, dai romani Yaga Yaga e Dancehall Soldiers ai pescaresi Clean heart e Davidone, senza dimenticare le varie crew locali, ci si è potuti cimentare in partite di basket e calcio senza disdegnare le iniziative sociali e la mostra di Niko Citriniti, emergente artista locale dedito all’art-recycle. Sotto i gazebo appositamente allestiti, infatti, Farerete ha proposto prodotti realizzati dai ragazzi di strada del Guatemala e Amnesty International ha sensibilizzato sulla difesa dei diritti umani proponendo una raccolta di firme contro il razzismo, stesso tema scelto per la campagna “Non aver paura” per superare l’indifferenza e la diffidenza verso gli altri. E ancora, c’era il gruppo “Walking togheter”, che ha offerto un originale quanto gustoso caffé ugandese mentre promuoveva il servizio civile internazionale per aiutare i minori orfani dello stato africano; e “Catanzero”, l’iniziativa che ha messo insieme alcune aziende agricole del territorio calabrese per la vendita diretta dei loro prodotti biologici direttamente ai consumatori. Alle 21 e 30 è intervenuto il giornalista e scrittore Alberto Castelli, uno dei massimi esperti italiani di black music e autore, con Maria Carla Gullotta, del libro “Africa unite. Il sogno di Bob Marley”. Castelli è partito dalla propria esperienza personale, dalla scoperta e dall’amore per la musica giamaicana, per raccontare l’uomo che ne ha rappresentato la massima espressione: appunto, Bob Marley. In un percorso fatto di immagini, parole e musica, grazie ai dischi selezionati dal dj Marci Far I, il giornalista romano ha ripercorso la nascita della musica reggae («In Giamaica si ballava lo Ska, dai ritmi veloci, per celebrare l’indipendenza dall’Inghilterra; ma il caldo imponeva ritmi più lenti ed è nato il “rocksteady”, la musica che ha fatto ballare insieme i bianchi e i neri e ha dato il via alle sonorità di cui parliamo stasera»); gli esordi di Marley («Gli studi di registrazione erano piccoli e semplici, non esistevano campionamenti o computer ma solo la voglia di raccontare cosa stava accadendo: si registrava la mattina e si suonava la sera!»); l’ascesa con i The Wailers («Erano rispettati, se non temuti, perché erano i cantanti della gente comune») fino alla morte nel lontano 1981 e al patrimonio che ha lasciato («Un grande senso di libertà è la forza di non aver paura di nessuno»).


sabato 20 giugno 2009

Referendum elettorale: sì o no?

Fu con un referendum istituzionale che, nel 1948, l’Italia scelse la forma di governo repubblicana è mandò in esilio i reali di Savoia. Con lo stesso strumento (il cui significato originario deriva dal latinismo “ad referendum”, in ambito diplomatico il “concludere un accordo in attesa di ratifica”) abbiamo detto “no” all’abrogazione del divorzio (1974), confermato la legge sull’aborto (1981), impedito l’utilizzo del nucleare (1987), cancellato le sanzioni penali per i consumatori di droghe leggere ed eliminato il finanziamento pubblico ai partiti (1993), sostenuto la privatizzazione della RAI e cambiato la legge elettorali dei Piccoli comuni (1995). Dalla metà degli anni novanta in poi, nessun altro referendum ha più raggiunto nel nostro paese il quorum necessario per esplicare i propri effetti. D’altronde, l’estrema varietà degli argomenti trattati (dalla Caccia all’abolizione dell’Ordine dei giornalisti dalla carriera dei magistrati sino alla procreazione medicalmente assistita), l’eccessivo tecnicismo dei quesiti, una ricorrenza al voto non più eccezionale e lo stravolgimento dell’istituto, spesso utilizzato come nuova e ulteriore fonte normativa primaria, hanno allontanato irrimediabilmente i cittadini da uno (se non il solo) mezzo di democrazia diretta ancora a loro disposizione. Domenica e lunedì circa 50 milioni di italiani saranno chiamati a decidere se modificare o meno l’attuale legge elettorale. In caso di vittoria del “sì” ai quesiti numeri 1 e 2, si impedirà il formarsi delle coalizioni, si alzerà la soglia di accesso a Camera (4%) e Senato (8%), il premio di maggioranza andrà solo alla lista che avrà ottenuto più voti. Non è un caso che i piccoli partiti invitino all’astensione o a votare “no”: in attesa di una riduzione significativa dei parlamentari, si otterrebbe una prima importante diminuzione delle sigle politiche. Altro discorso riguarda il terzo quesito: la maggioranza dei “sì” vieterà allo stesso candidato di presentarsi in tanti collegi per raccogliere più voti. Per intenderci, Di Pietro e Berlusconi non potranno candidarsi in più circoscrizioni come avvenuto alle ultime europee per accaparrarsi il massimo delle preferenze e poi decidere chi far salire e chi no. Nonostante il poco impegno, a parte qualche rara eccezione, di leader politici e rappresentanti istituzionali, di partiti e associazioni, gli italiani sono chiamati nuovamente ad esprimersi (la prima volta avvenne nel 1993), con uno strumento di democrazia diretta (il referendum), su un argomento (il sistema elettorale) sul quale avevano già detto la loro (preferenza per il maggioritario). Indipendentemente dalla scelta dei “sì” o dei “no”, recarsi al voto sarebbe un segnale importante per la democrazia rappresentativa: dimostrerebbe che l’opinione pubblica, umorale e poco coerente in tempi di “antipolitica”, in realtà ha voglia di partecipazione, è consapevole del proprio futuro, non lascia che sulle questioni importanti la scelta spetti solo all’élite chiamata a rappresentarla. L’altro lato della medaglia è una scarsa affluenza alle urne per disinteresse o, ancora peggio, per mancanza di fiducia o totale disincanto rispetto l’efficacia che può avere un referendum.

mercoledì 10 giugno 2009

Commento al voto in città

Un Pdl in salute, un Pd ridimensionato e l’Idv che conferma in città l’exploit nazionale: “Niente di nuovo sotto il sole” verrebbe da pensare snocciolando i risultati della tornata elettorale dello scorso fine settimana. Impegnati a scegliere solo chi mandare al Parlamento europeo, il primo dato che salta agli occhi è la scarsa affluenza alle urne degli elettori catanzaresi: il capoluogo è sotto di circa venti punti rispetto la media nazionale (43% a fronte del 65%), che tradotto significa 33mila votanti, ben 23mila in meno in confronto alle elezioni del 2008. I quali hanno confermato il trend emerso negli ultimi appuntamenti elettorali: il Pdl è il primo partito in città e pur perdendo qualche consenso rispetto le precedenti politiche (passa dal 44% al 39%), aumenta la forchetta rispetto al partito di Piero Amato e Agazio Loiero (il Pd raggiunge il 22%, ben 17 punti di differenza rispetto al Pdl). Un dato importante per gli azzurri del capoluogo che ambiscono non solo a riprendere la guida dell’amministrazione comunale (in pole position c’è sempre Michele Traversa), ma anche ad esprimere la candidatura a presidente della Giunta regionale (torna in auge il nome di Giancarlo Pittelli). Si afferma, quale terza forza, l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro, un partito che è riuscito a raccogliere tanti voti dei democratici delusi e che ha scommesso, e bene, su persone come Luigi De Magistris: quest’ultimo ha ottenuto da solo circa 3.800 preferenze, il secondo più votato dopo Berlusconi fermo a quota quattromila. Tanto da far dire a Marco Travaglio come il risultato di Catanzaro sia «uno dei più bei segnali che vengono inviati alla classe politica o a quello che ne resta». Chissà come “monetizzeranno” il successo gli uomini di Idv, visto che il partito non ha mai sfondato così tanto nel capoluogo e ora può contare su un importante 17% di consensi: alla prova del governo, il rischio è ripetere l’esperienza dei Radicali che ebbero un successo enorme alle europee del 1999 e oggi non ottengono neppure un seggio a Strasburgo. Un buon risultato l’ha ottenuto, invece, la coalizione che ha visto uniti la Destra di Storace con il Movimento per le Autonomie di Tallini: il candidato catanzarese Andrea Lorenzo ha convinto circa 888 elettori. Deludente, d’altro canto, la prestazione dell’Unione di Centro di Mario Tassone che perde pezzi e voti e arretra, rispetto le precedenti politiche, attestandosi intorno al 5%. Interessante anche il risultato ottenuto da Sinistra e libertà di Nichi Vendola (3,66%) che supera di circa un punto percentuale quello di Rifondazione e Comunisti italiani (2,76%): insieme, sarebbero la quarta forza in città. Un dato su cui riflettere per evitare che Gatto e Occhini vengano ricordati come i primi e gli ultimi rappresentanti comunisti al governo del capoluogo. Tra le curiosità, da segnalare i 368 voti della Lega Nord (avrà inciso la proposta per “Catanzaro capitale” avanzata da Cnc?), i consensi registrati da Giacomo Mancini (1.482) e quelli per Clemente Mastella (268) entrambi in quota Pdl: a Catanzaro, nonostante tutto, c’è ancora chi vuole bene all’uomo di Ceppaloni.

domenica 7 giugno 2009

Ma chi me l'ha fatto fare?

Ho svolto il mio dovere di bravo cittadino alle 21 circa di sabato. Con in mano tessera elettorale e carta d’identità mi sono recato, per la tredicesima volta, alla sezione numero 10 di via Tommaso Campanella: È dal maggio del 2001 che voto nella scuola dedicata al filosofo della Città del sole. “Chissà che opera realizzerebbe ai giorni nostri” penso tra me e l'unica cosa che mi viene in mente, con scarsa ironia, è «uTopia, il paese delle veline». Noto subito che nel cortile antistante l’istituto non c’è il solito capannello di persone che in altre circostanze avrebbe controllato, annotato, salutato e suggerito. In realtà non c’è proprio nessuno! Sarà l’ora, sarà il giorno (inizio weekend!), sarà che delle elezioni europee non importa più di tanto. Mi avvicino alla porta della mia sezione, la seconda sulla destra al pianterreno, non prima di aver superato la numero 9 e quella di fronte: in tutte le stanze, la sintesi è quanto avviene nel momento in cui solco la porta: cinque persone annoiate e in attesa, le quali hanno un sussulto di felicità alla mia vista: Un elettore! Finalmente! Dopo sei ore dall’apertura dei seggi, checché se ne dica, meglio guadagnarsele quelle poche centinaia di euro destinate a scrutatori e presidenti di seggio. Ha inizio il solito rituale: aspetto che mi controllino la tessera per verificare che il Mirko Vespertini stampato sopra corrisponda al nome indicato sulla carta d’identità. Quindi prendo la mia scheda (a noi meridionali tocca quella color arancione chiaro) e mi infilo nell’urna più vicina, segno una bella ics sul partito, scrivo la bellezza di tre cognomi, richiudo accuratamente il foglio, torno dal presidente a cui consegno il tutto, conservo carta d’identità e tessera elettorale, dico “Buonasera e buon lavoro” e vado via, destinazione mare. Prima di uscire incontro un conoscente, uno dei fortunati (?) scelti, selezionati, sorteggiati (boh!) per presiedere una delle sezioni: mano destra che sorregge la testa e gomito appoggiato all’urna alla quale si abbandona con tutta la parte superiore del corpo, sguardo annoiato, nell’immobilità della stanza e dei presenti, in un misto di auto compatimento tipico del sud e desiderio di parlare con qualcuno, riesce solo a dire: «Ma chi me l’ha fatto fare?».

mercoledì 20 maggio 2009

In qualcosa siamo primi...

Dal Corriere della sera, uno stralcio dell'articolo di Sergio Rizzo pubblicato a pag. 6, martedì 19 maggio.

I dipendenti pubblici italiani non nuotano nell'oro ma in alcune aree le loro buste paga offrono un contributo economico determinante. La Calabria, per esempio. I dipendenti  pubblici calabresi sono il 30,4% di tutti i lavoratori dipendenti della regione. Nella provincia di Catanzaro si arriva al 43,6%, ben oltre il 26,9% di Roma, la città dei ministeri e della politica, superata perfino da Crotone (30,9%), oltre che da Paermo (32,2%), Enna (29,7%), Campobasso (29,4%) e Reggio Calabria (28,7%).

I dati sono contenuti in uno studio ancora inedito dell'Ufficio studi Confartigianato sull'andamento delle retribuzioni lorde dei lavoratori dipendenti.

martedì 19 maggio 2009

Cari compagni...

...ho gran rispetto per tutti Voi.

Eppure, se i segnali di riscossa sono quelli visti durante l'iniziativa catanzarese con Vittorio Agnoletto, allora il problema persiste ed è ancora molto, ma molto grave.

Per intenderci, nella sala consiliare del Comune è intervenuto Agnoletto - persona vivace ed eclettica ma per nulla carismatica e coinvolgente -  quale europarlamentare uscente in vista delle elezioni del 6 e 7 giugno.  In aula c'erano circa venti persone, qualche giovane e i leader locali di Prc...poco, troppo poco se a ciò si aggiunge l'aria di triste rassegnazione che si respirava.

Ecco il resoconto per Il Quotidiano

«La falce e il martello non sono simboli superati ma rappresentano i lavoratori che restano il nostro punto di riferimento: “il voto utile” a Sinistra significa dare voce ad una forza autonoma dal punto di vista politico e organizzativo, coerente, la sola in grado di superare lo sbarramento del 4 percento». Dispensa ottimismo Vittorio Agnoletto, europarlamentare uscente in quota Prc, ospite a Catanzaro per una iniziativa voluta dal raggruppamento che vede insieme Rifondazione e Comunisti italiani. «Cerchiamo sempre di stare dalla parte di chi è sfruttato, di chi vede i propri diritti calpestati e lo facciamo anche se ciò non porta consenso - dice -. Abbiamo valori e ideali che sosteniamo sia quando è facile sia quando, come oggi, non lo è per nulla». Quindi racconta la sua visita al centro di permanenza di Lamezia terme, che da lo spunto per criticare le scelte del governo italiano in tema di sicurezza: «Nonostante il Ddl non sia stato ancora approvato, ho incontrato immigrati che hanno fatto per mesi la spola tra Lampedusa e Bari prima di arrivare in Calabria; persone non in grado, per motivi sanitari, di essere ospitati in un Ctp: la cosa è vergognosa». Agnoletto è consapevole che «affermare cose del genere non è popolare» eppure non vale la pena demordere per chi «crede nei valori universali, nella tutela dei diritti umani». Quindi l’attacco alle altre forze di sinistra come l’Italia dei Valori («Di Pietro può spiegare perché in Europa ha votato la permanenza nei centri temporanei fino a 18 mesi?») o il Pd, reo, con la propria astensione, di aver dato via libera alla cosiddetta “direttiva della vergogna” che prevede alcune misure come la permanenza nei Ctp per chi non ha il permesso di soggiorno pur non avendo commesso alcun reato. «I diritti valgono tanto a Roma quanto in Europa» sostiene convinto. Il rappresentante comunista descrive, poi, alcuni importanti successi ottenuti dal suo gruppo come l’opposizione «alla direttiva proposta dal Consiglio europeo che prevedeva, in tema di lavoro, le 65 ore settimanali prorogabili fino a 78: non c’è bisogno di essere dei geni per dire che lavorare meno significa lavorare tutti». E non manca la denuncia contro l’uso distorto del Fondo sociale europeo «per cui l’Italia ha chiesto e ottenuto una proroga per coprire la cassa integrazione anziché investire nei giovani e su nuova occupazione». «La Sinistra unitaria è un piccolo gruppo ma può dire la sua e ottenere risultati» prosegue Agnoletto prima di elencare i temi su cui è necessario confrontarsi con urgenza, primo fra tutti l’Ambiente («Nel nostro paese si punta sugli inceneritori e non sulla raccolta differenziata o il riciclo dei rifiuti: intanto, continuiamo a prendere infrazioni sul mancato rispetto delle direttive ambientali»). Ma anche lavoro («Pensiamo al sussidio di disoccupazione sul modello nordeuropeo o all’aumento delle pensioni per chi non arriva a fine mese piuttosto che ad innalzare l’età pensionabile delle donne»), giustizia e immigrazione affinché «in Italia e in Europa ci sia una Sinistra calata nella realtà e che abbia ancora voce nella vita di tutti i giorni».

 P.S. prima degli scontri di oggi, Agnoletto ha espresso solidarietà per gli studenti caricati dalla polizia a Torino, notando come il dirigente che ha ordinato l'intervento, Spartaco Mortola, sia stato lo stesso che dirigeva la Digos a Genova durante il G8 del 2001. Mortola è stato assolto nel processo per i fatti della scuola Diaz.

mercoledì 6 maggio 2009

Manera e Penoni (articolo per Il Quotidiano)

Catanzaro - L’amore, il sesso e, più in generale, il rapporto di coppia, sono stati i temi dell’esilarante spettacolo portato in scena da Leonardo Manera e Claudia Penoni al teatro Masciari di Catanzaro. Novanta minuti di risate tra gag, monologhi e canzoni, col duo accompagnato sul palco dal “factotum” Alessandro Carlà, impegnato alla pianola e agli effetti speciali. Manera è stato il mattatore («La crisi si sente: sulle cartine l’Italia non è più uno stivale ma un infradito» oppure «facevamo l’amore e mi chiamava Paolo, “Ma io sono Leonardo” le ho detto, e lei: “È un diminutivo!”); la Penoni ottima spalla, soprattutto nelle vesti della signora Ravagnolo, una donna attempata e bruttina che fa di tutto per piacere al marito ma con scarsi risultati. La coppia di Zelig ha ripercorso i momenti salienti del rapporto a due, dal matrimonio («con Gesù che, al momento della promessa, dalla croce esclama: “Pedonali, perché non sanno quello che fanno!”») fino alla vita in comune che «si caratterizza per tre momenti salienti: la pulizia settimanale, la spesa al centro commerciale e il rapporto sessuale, tutti concentrati al sabato!». Sono apparsi sul palco Peter, l’adolescente di provincia amante della discoteca («Anche lui ha festeggiato la vittoria dell’Italia al Mondiale, tutta la sera in macchina a suonare il clacson: lo avevano bloccato dentro il garage!»), il Presidente della repubblica che ha letto il messaggio di fine anno («Finalmente un comico e con più capelli, per continuare la tradizione di un precedente presidente del consiglio…»), e il giudizio universale, affidato non più a san Pietro ma a “San Paolo Intesa”, che giudicherà solo in base alle capacità di consumo delle persone. Fa capolino anche la politica («Se permetti le droghe sei tendenzialmente di centrosinistra; se le vieti sei tendenzialmente di centrodestra; se le consumi e basta sei un parlamentare») mentre il pezzo forte rimane il tormentato rapporto sessuale tra Petrektek (Manera) e Kripstak (Penoni), protagonisti di un surreale cinema polacco: «Sei come un temporale estivo, breve ma che ti rovina la giornata» dice lei a lui oppure “Il momento più bello è quando mi rivesto” dice sempre lei a lui che risponde “anche per me!”. Insomma, uno dei più divertenti spettacoli organizzati da La nave dei folli per il Masciari di Catanzaro che col duo Manera - Penoni ha chiuso nel migliore dei modi la stagione teatrale.

Manera e Penoni al teatro Masciari (Foto)


Claudia Penoni nelle vesti della signora Ravagnolo.


Petrektek (Manera) e Kripstak (Penoni), attori del cinema polacco.



Leonardo Manera durante un monologo.

Metti una domenica a Stalettì...

...con persone piacevoli, tanto cibo, aria pulita, sport e musica...


martedì 21 aprile 2009

La fiera della Giustizia.


Catanzaro - Invitato dal locale consiglio dell’Ordine degli avvocati, il presidente della Commissione Giustizia al Senato, Filippo Berselli, ha tenuto un incontro presso l’auditorium Casalinuovo per spiegare quanto sta accadendo in materia di riforma del processo civile. «Un tema che sentiamo molto perché i cinque milioni di carichi pendenti e i tempi biblici per ottenere una sentenza rendono quanto mai necessario intervenire» ha detto il presidente dell’Ordine, Giuseppe Iannello, nel presentare l’iniziativa. «Ci auguriamo, quindi, che in tempi brevi il codice di procedura civile sia rinnovato perché l’avvocatura vuole una Giustizia non solo più rapida ma anche più giusta, non una rivoluzione coprernicana ma una svolta decisiva, magari prima dell’estate» ha concluso Iannello che ha poi ceduto la parola a Berselli. L’avvocato ferrarese, in un’ora e mezza circa, ha toccato vari temi, dalla situazione politica ai risultati del governo Berlusconi, concludendo con l’annuncio della prima esposizione sulla Giustizia che avrà luogo il prossimo dicembre a Rimini. «Della procedura civile si parla poco e male nonostante sia quella che interessa di più i cittadini» ha esordito il parlamentare Pdl che ha subito consigliato la lettura di un libro, “La palude” di Massimo Martinelli, «per conoscere meglio i tempi indecorosi dei tribunali italiani: peggio di noi c’è solo il Guatemala!». Berselli ha innanzitutto chiarito che la riforma in discussione, modificata al Senato e ora nuovamente alla Camera, «non è né di destra né di sinistra perché rivolta all’Italia del futuro». Quindi, dopo aver elencato alcuni provvedimenti dell’attuale Esecutivo, dal pacchetto Sicurezza a quello sugli ordini professionali, ecco le modifiche della Commissione di palazzo Madama «per venire incontro alle esigenze degli operatori e dei cittadini». Il senatore ha spiegato che è stata riconosciuta maggiore fiducia ai Giudici di Pace e ai Giudici onorari («Senza il loro apporto il sistema sarebbe già bloccato, anche se è necessaria una loro migliore qualificazione»); è stata riletta la norma sulla testimonianza scritta, che potrà avvenire «solo con l’accordo di tutte le parti»; è stata pensata una legge delega che impegna il Governo ad una drastica riduzione dei riti processuali a tre (rito del lavoro, giudizio ordinario di cognizione e giudizio sommario) «per introdurre il più snello processo sommario di cognizione». Ancora, la preferenza per le conciliazioni e mediazioni per ridurre il carico di lavoro dei magistrati mentre ha suscitato la viva approvazione dei presenti, la proposta per cui in caso di vittoria in giudizio, le spese potranno essere compensate solo «per motivi gravi ed eccezionali espressamente indicati». Sul famoso e contestato “filtro”, un organismo composto da tre magistrati di Cassazione che dovrebbero stabilire quali ricorsi ammettere e quali no, Berselli ha sottolineato che «esiste in tutta Europa e l’alternativa possibile, un controllo da parte delle singole Sezioni, ingolferebbe tutto». Al Consiglio nazionale forense, che ha espresso malumori, ha risposto ricordando che è stato «il presidente Giudo Alpa, insieme ad altri insigni giuristi, ad elaborare il testo ora in discussione in parlamento per cui ci si può fidare». L’ultima parte dell’intervento è stata dedicata al sistema bicamerale italiano («Chi lo contesta non capisce che, come nel nostro caso, i miglioramenti apportati in Senato al testo licenziato dalla Camera non sarebbero stati possibili: occorre operare con ragionevolezza»), alle riforme costituzionali («Lavoriamo sui regolamenti parlamentari, poi pensiamo a modificare la Carta») e ai Disegni di leggi proposti per l’istituzione del Tribunale della Famiglia, «un modo per tutelare i minori». La conclusione, invece, è stata tutta per la fiera di Rimini, uno spazio espositivo di quarantamila metri quadrati, con tre sale convegni e quattro padiglioni «dove, tra l’altro, saranno allestiti un tribunale e un carcere e, come in una fiction, saranno proposti al pubblico le fasi di una indagine o di un processo».

martedì 7 aprile 2009

Prima dei "calci nel sedere" ...

Appena costituitosi, il Pdl in Calabria è chiamato a risolvere alcuni importanti dilemmi organizzativi, primo fra tutti la scelta del nuovo coordinatore. Dato per certo che sarà un esponente dell’ex Alleanza nazionale, in prima battuta sembrava che la carica toccasse a Michele Traversa: l’uomo di Botricello, infatti, non ha mai nascosto di voler lavorare a più stretto contatto con la sua terra e l’incarico sarebbe un buon viatico per il vero obiettivo dell’ex presidente della Provincia: la carica di sindaco di Catanzaro. Sennonché, in forte ascesa sono le quotazioni di un altro primo cittadino, Giuseppe Scopelliti, per il quale pare si sia speso lo stesso Berlusconi. Scopelliti, tra l’altro, ha dato la propria disponibilità a concorrere contro Agazio Loiero, la cui ricandidatura è, salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, ormai data per certa. Il reggino è giovane, gode di un alto gradimento nella sua città e ha il sostegno del Governo nazionale: il decreto per Reggio Calabria, il rilancio della costruzione del ponte sullo Stretto e la recente assegnazione della qualifica di “città metropolitana” sono successi che potranno essere fatti valere nelle sedi opportune. Schierati i candidati per le provinciali di Cosenza, dove a contendere la leadership di Oliverio ci sarà, tra gli altri, Pino Gentile, uomo forte del Pdl nella città bruzia, le liste per le prossime elezioni Europee chiariranno ancora meglio lo scenario futuro. Ambire ad uno scranno a Strasburgo può dare adito a varie interpretazioni: più il coronamento di una lunga carriera politica che la voglia di confrontarsi con i colleghi europei; spesso, un parcheggio, una “allontanamento” dalla politica italiana, un momento di pausa per poi ributtarsi nell’agone politico locale. Il discorso non è di poco conto anche perché la situazione è in continuo movimento: è vero che il partito di Berlusconi ha dalla sua un trend nazionale favorevole, confermato dai risultati delle ultime politiche e dalle recenti elezioni provinciali a Catanzaro; eppure, le regionali hanno un corso a parte e sarà difficile scalzare l’attuale Governatore. Insomma, il Pdl non avrà vita facile nel conquistare la guida della regione più povera d’Italia ma ha più di una carta da giocarsi per tentare la sortita. C’è, ad esempio, chi sussurra di un possibile ruolo per Giacomo Mancini junior: vale sempre il vecchio adagio per cui “non si fa nulla per nulla”, e l’ex esponente socialista, abbandonato il Pd per accasarsi nel centrodestra, potrebbe presentarsi per un posto all’Europarlamaneto: magari un test elettorale per capire di quanto consenso gode per poi lanciarsi nella sfida regionale. Ma tra le due corazzate Reggio Calabria e Cosenza, un ruolo lo vorrebbe anche Catanzaro o, quantomeno, il comprensorio: il capoluogo sta, infatti, vivendo una significativa crisi di rappresentanza istituzionale, che sarebbe sciocco addebitare all'attuale giunta amministrativa perché frutto di anni di politiche miopi e poco lungimiranti. Da parte sua, quale ulteriore smacco, il centrodestra catanzarese rischia di non esprimere il possibile candidato alla presidenza della Regione Calabria. Ecco, allora, l’outsider Pino Galati: libero da incarichi istituzionali (ma in attesa dell’imminente ricostituzione del ministero al Turismo), l’esponente lamentino ha promosso i Popolari europei verso il Pdl, ha riunito alcuni consiglieri regionali tra cui Abramo e Tallini, ha convinto gli ex aennini Ferro e Traversa (che messi da parte i pericoli di comitati d’affari e svolte antipolitiche, hanno plaudito all’iniziativa). Galati, dunque, potrebbe essere la sorpresa alle prossime regionali, anche per i rapporti diretti con Silvio Berlusconi, il cui appoggio, come già successo in Sardegna, può determinare il buon esito di una competizione elettorale.

domenica 29 marzo 2009

Pier Ferdinando Casini a Catanzaro

ALEGGIAVA aria di Democrazia cristiana durante il 3° Congresso cittadino dell’Udc tenutosi sabato scorso nella bella cornice del teatro Masciari di Catanzaro, alla presenza del leader nazionale Pier Ferdinando Casini. Aveva iniziato Mario Tassone, incitando la platea (non numerosissima, circa 250 persone) a «recuperare la storia dello scudocrociato, quella storia fatta di uomini liberi che hanno combattuto insieme importanti battaglie». Ha proseguito lo stesso Casini sfoderando i classici cavalli di battaglia del partito che fu di De Gasperi e Moro: prima parlando dei valori a cui deve ispirarsi l’azione politica dell’Udc («Dobbiamo difendere l’identità cristiana del paese, fa parte della nostra storia») e poi, in riferimento alla crisi economica, sostenendo che «il più importante ammortizzatore sociale in Italia sono le famiglie che usano i risparmi per aiutare i figli disoccupati o i parenti in difficoltà: riproponiamo, dunque, una seria politica familiare». Per il resto, la mattinata scivola via senza particolari annunci o colpi di scena: l’attesa è tutta per l’intervento del politico bolognese che concentra la sua relazione su temi quali la riforma costituzionale, la crisi economica, il federalismo fiscale. «Oggi prevale una idea di politica senza rappresentanza. Servono istituzioni più credibili e parlamentari in grado di difendere territori, principi e valori: un parlamento di nominati non ha alcun interesse a difendere le proprie prerogative e, soprattutto, non disturberà il manovratore. Occorre una idea diversa e noi siamo determinati a d influenzare la vita politica per i prossimi anni: ideologismi e dogmatismi hanno rovinato la politica» ha esordito Casini. Quindi, il ruolo dell’Unione di centro nel contesto istituzionale: «Se il comunismo e il fascismo non esistono più, che idea di libertà abbiamo? Il bipartitismo non è un elemento virtuoso della politica: avevamo proposto di elevare la percentuale di sbarramento, ridurre il frazionismo ma non ci piace l’idea di un uomo solo al comando» con chiaro riferimento al congresso del Pdl che ha celebrato la figura di Berlusconi. Sul momento di difficoltà economica, l’ex presidente della Camera ha le idee chiare: «La crisi c’è e il nostro ammortizzatore sono le famiglie. L’Italia è un paese grande perché composto per il 90% da un ceto medio che ci ha collocato nel novero delle potenze mondiali. Oggi, invece, in tanti stanno sconfinando nella povertà perché non è stata mai proposta una vera politica familiare. Sono le piccole imprese, i lavoratori non tutelati e i giovani i più in difficoltà per cui è necessario un nuovo patto generazionale. Vogliamo essere la forza politica che dice cose che possono dar fastidio: dall’abolizione delle province (ma se ci sono le elezioni ci candidiamo!) alla privatizzazione dei servizi essenziali fino alla riforma delle pensioni». L’Udc è stato l’unico partito che ha espresso voto contrario al Ddl sul federalismo fiscale: «Abbiamo detto no nel nome del principio dell’unità nazionale: si tratta di uno spot della Lega perché ancora non si conoscono le nuove funzioni che saranno assunte dagli enti locali, né la spesa complessiva del progetto. Non ci vergogniamo se ci accusano di voler difendere il Mezzogiorno anche se, in realtà, i nostri sforzi sono volti a tutelare il paese». Altro punto toccato da Casini, quello relativo al testamento biologico: «La legge sul fine vita è migliorabile ma abbiamo votato secondo coscienza: non si può utilizzare il diritto alla vita ad intermittenza permettendo tra l’altro ai medici di denunciare i clandestini: è primitivismo politico e stupidità perché aumenterà il racket della sanità e il rischio di epidemie tra la popolazione». Non mancano le bacchettate alla Sinistra, «incapace di quelle grandi scelte che avrebbero potuto ammodernare l’Italia: se continuano così, Berlusconi governerà per i prossimi dieci anni»; e sulla Regione Calabria, «un ente male amministrato la cui gestione è bocciata dalla gente comune: ci candidiamo per dare un concreto segnale di discontinuità».


Nota a margine: Tra i vari interventi, da sottolineare quelli del segretario regionale Francesco Talarico («Basta campanilismi, basta Catanzaro contro Lamezia, costruiamo una grande area al centro della Calabria») e di Mario Tassone («Il capoluogo s’impoverisce sempre di più: mettiamo da parte i quartierismi e la rivalità inutile con le altre città calabresi».

Sembra che i recenti riconoscimenti alla città di Reggio Calabria hanno risvegliato l’amor proprio dei politici catanzaresi.


Nota a margine (2): L’Udc, col senatore Antonio Fasson, ha proposto un emendamento, poi approvato, che ha cambiato il primo comma dell'articolo 4 del ddl sul biotestamento: precedentemente, per una modifica in commissione voluta dalla maggioranza, era stabilito che le Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) «non sono obbligatorie, ma sono vincolanti». L'emendamento approvato in aula ha soppresso le parole «ma sono vincolanti» rendendo pressoché carta straccia i Dat. Che Casini!

CU NESCI ARRINESCI

Testo di Dario Scimé.

“Cu nesci arrinesci”. Chi abbandona la sua terra, è destinato al successo. Il suo coraggio sarà premiato e avrà una vita piena, ricca di soddisfazioni e libera dal bisogno. La verità è tanto evidente da essere divenuta proverbiale ed incastonarsi nella mente di generazioni di uomini e donne del meridione che, caricati i loro averi su navi ed aerei, hanno portato le loro vite verso le pizzerie, le miniere o le fabbriche dietro le cui insegne rosseggiava il sogno della terra promessa. Mai nessuno, né fra i partenti né fra coloro che restavano, si era mai interrogato sulla premessa che faceva da sfondo a questo proverbio e cioè come mai il partire fosse divenuto inevitabile, come mai la terra di origine non avrebbe ripagato i sacrifici né offerto frutti ai suoi figli affamati. Tutti l’accettavano, la premessa, così come si accetta un dogma di fede. Devono aver ragionato così anche alcuni miei parenti. Tutti partiti per inseguire il sogno americano. Uno si è fermato a Brooklyn, ha sposato una calabrese ed ha avuto due figli, cui ha imposto il nome dei nonni. Ogni tanto tornava a trovarci e allora si abbandonava ad un rancoroso elogio della distribuzione idrica americana. “Ancora cu i biduna siti? A me casa mi fazzu a doccia deci voti o iornu”. Un altro aveva aperto una pizzeria in New Jersey. Le foto ci parlavano di case e frigoriferi sempre più grandi. Eppure, il giorno che l’andai a trovare, mi venne a prendere con una Fiat 131 Supermirafiori. Quando gli chiesi il perché di quell’automobile, mi rispose che al momento di partire aveva giurato a se stesso che avrebbe guidato la migliore macchina italiana. Non la migliore in assoluto, pensai io, ma la migliore d’Italia. Ed ebbi piena contezza del perché nessun emigrante, seppur ricco, sarebbe mai stato realmente felice. Ma quale fenomeno, storico, sociale o economico era dietro la partenza dei miei zii? Chi aveva fatto sì che un siciliano o un calabrese venissero al mondo con il gene del migrante? Chi aveva inaridito una terra agognata dai greci e dagli arabi? A queste domande rispondono “I cumparielli”, i vivi personaggi creati da Walter Vespertini, un calabrese emigrato a Roma, le cui storie individuali, squarciando il velo della storiografia ufficiale, meritano di diventare memoria collettiva di ogni meridionale.

"I cumparielli" al teatro Masciari di Catanzaro.
Foto di Angelo Maggio - www.etnofotografia.com




Antonio Grosso (Antonio) e Maria Concetta Campennì (Michelina).


Da sx: Maria Concetta Campennì, Paolo Russo (Pietro), Caterina Mannello (Marianna),Arturo Versaci (Vitaliano) e Antonio Grosso.


Da sx: Alberto Canali (Il colonnello), Mario Taddeo (Il maresciallo) e Arturo Versaci.


Da sx: Antonio Grosso, Arturo Versaci e Paolo Russo.


mercoledì 25 marzo 2009

Cosa vrei scritto in fretta presso la redazione di un giornale sulla recete sentenza relativa alla Scuola di magistratura

“Il decreto impugnato (il n. 26 del 30 novembre 2006, ndr) dev’essere annullato nella parte recante la sostituzione della provincia di Catanzaro con quella di Benevento". È il passaggio finale, e sicuramente quello più importante, della sentenza con cui la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Presidente Giorgio Giovannini, Consigliere Roberto Politi e Primo referendario nonché relatore Mario Alberto di Nezza) ha sancito l'incongruità della scelta con cui l'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella decise di spostare la nascente Scuola di Magistratura dal capoluogo calabrese a quello sannita. “Sembra al Collegio che la scelta di sostituire la provincia di Catanzaro con quella di Benevento, ancorché operata nell’esercizio dell’ampia sfera discrezionale da riconnettere agli atti di alta amministrazione, esibisca tuttavia una motivazione inadeguata a comprendere le reali ragioni del ripensamento” si legge nelle motivazioni della sentenza emessa il 29 gennaio scorso e pubblicata il successivo 24 marzo. Un importante successo per il comprensorio catanzarese, vittima di un vero e proprio colpo di mano, di una incomprensibile decisione politica contro la quale si scagliarono rappresentanti istituzionali, politici e l'opinione pubblica locale. La storia comincia col decreto legislativo n. 26 del 30 gennaio 2006 allorchè, in un quadro di riforma dell'ordinamento giudiziario, fu istitutita la Scuola superiore della magistratura, che nelle intenzioni del legislatore sarebbe dovuta essere una “struttura didattica autonoma ...” avente “competenza in via esclusiva in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati”. Per quanto rigurda l'organizzazione territoriale, furono inidviduate Bergamo e Latina quali sedi per i distretti rispettivamente del nord e del centro Italia mentre per i distretti ricompresi nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia fu scelta Catanzaro. Fino a quando non intervenne il Governo Prodi, su impulso dell'ex Guardasigilli, che promulgò un decreto col quale, si legge nelle stesse motivazioni della sentenza, “sulla duplice premessa: a) che in nessuna delle province innanzi individuate (Bergamo, Latina e Catanzaro) “è stata segnalata dalle competenti Filiali dell’Agenzia del Demanio […] l’esistenza di immobili demaniali idonei allo scopo previsto”; e b) che le sedi di Latina e Catanzaro “risultano decentrate rispetto sia alle principali arterie di comunicazione stradale e ferroviaria sia agli aeroporti, per cui non sono agevolmente raggiungibili comportando maggiori costi a carico dell’Erario per viaggi e permanenze”; ravvisata altresì l’opportunità di “procedere quanto meno alla sostituzione” di dette due sedi “con altre che siano in possesso di requisiti che le rendano idonee agli scopi perseguiti dall’Amministrazione, con riserva […], in caso di esito negativo della ricerca di edifici demaniali di interpellare i Comuni e le Province per reperire soluzioni adeguate” le province di Latina e di Catanzaro furono sostituite rispettivamente con quelle di Firenze e di Benevento”. Inutili gli appelli e le richieste di chiarimenti: il 24 febbraio 2007 il Ministero della giustizia, le amministrazioni comunale e provinciale di Benevento e l’Università degli studi del Sannio sottoscrissero un Accordo quadro avente ad oggetto “le iniziative da intraprendere per la localizzazione della Scuola”. Contro il provvedimento governativo, nel 2007 proposero ricorso il Comune e la Provincia di Catanzaro, la Regione Calabria e, successivamente, il movimento civico Catanzaro nel cuore ad adiuvandum con l'Amministrazione comunale. Oggi l'importante sentenza emessa dal Tribunale amministrativo del Lazio che dopo aver dichiarato inammissibili le domande del Comune di Catanzaro e della Regione Calabria per “difetto di interesse a ricorrere” (il decreto in effetti parlava di sede da individuare nella “provincia di Catanzaro”), ha accolto le richieste formulate dai legali dell'ente intermedio, annullando “in parte qua il decreto impugnato”. Secondo il Collegio, “nessun elemento di fatto risulta concretamente addotto per dimostrare la posizione “eccentrica” di Catanzaro rispetto a quella “baricentrica” di Benevento; per altro verso non viene chiarito se nella nuova sede fossero o non disponibili immobili demaniali (statali), immediatamente utilizzabili per le finalità della Scuola, e, nel caso di eventuale offerta di edifici comunali o provinciali (secondo quanto divisato nel decreto), se analoga proposta sia stata esternata anche dai corrispondenti enti locali calabresi. Ne segue che il provvedimento impugnato risulta affetto da difetto d’istruttoria”. In altri termini, caduto il cosiddetto decreto Mastella, torna a vigere il precedente provvedimento che invidua la sede della Scuola di Magistratura per i distretti del sud a Catanzaro.

domenica 15 marzo 2009

Festa di san Patrizio



Cari amici,
dopo il successo dello scorso anno Catanzaro si prepara a ricelebrare una delle più antiche feste popolari del mondo, il St. Patrick's day...
Presso il ristorante "A FURNACIA" (vicino il teatro politeama), dalle 22.00 in poi di Martedì 17 Marzo, tra litri di birra, trifogli, folletti e follette irlandesi, pellicole sulla questione irlandese e musica popolare dal vivo, si vivrà l'atmosfera tipica di una giornata celebrata in tutto il mondo...e poi durante la serata, a grande richiesta, riecco la seconda edizione della GARA DELLA BIRRA, anche quest'anno chi berrà il maggior numero di litri di birra bionda, oltre al "boccalone d'oro" che sarà custodito dal vincitore fino al prossimo anno, vincerà un volo per due persone ovviamente direzione Dublino.
VI ASPETTO...
un abbraccio,
Vincenzo

CI SAREMO, CI SAREMO....

5 marzo 2009 - Fare rete incontra Francesco Forgione

La consegna dello striscione con le firme dei manifestanti per la legalità

Parte del pubblico presente in sala

L'intervento del sindaco Rosario Olivo

Il tavolo: Olivo, Tommaso (Lucarelli) Migliaccio, Francesco (l'ospite) Forgione
Vittorio (il prof) Mete, Fabrizio (Altracz) Scarfone.

L'intervento di Rosario Olivo.
«Il momento storico non è dei migliori ma la visita di Francesco a Catanzaro mi dà l’occasione per dire un paio di cose». Francesco è Forgione, l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, nel capoluogo per la presentazione del suo ultimo lavoro; chi ha approfittato dei saluti per parlare della situazione in città è il sindaco, Rosario Olivo. «Stasera si presenta un libro che parla di ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale più pericolosa del mondo, per la quale la Calabria paga molto in termini di vite umane, di immagine, di sviluppo economico. È necessario riaccendere i riflettori su un fenomeno di cui non si parla più, come se il problema fosse risolto», dice amaro il sindaco la cui attenzione si sposta, ben presto, sulle vicende cittadine: «Sono accaduti fatti gravi, ingiustificabili, che richiedono risposte concrete e immediate. Ma non bisogna generalizzare; soprattutto, non bisogna limitarsi all’equazione straniero uguale pericolo perché così non si colpiscono i veri delinquenti». Olivo denuncia un clima difficile, «una situazione di grave regressione sociale» per cui alcune persone, oggi quelle di etnia Rom, «sono costrette a girare a testa bassa. Vorrei sapere dov’è la politica stasera; vorrei capire perché si è presenti sui giornali o in tv e non in occasioni come quella della presentazione di un libro che disegna le relazioni e gli affari della ‘ndrangheta nella nostra regione e nella nostra città: le polemiche sterili e i tentativi di strumentalizzazione non portano a nulla». Il primo cittadino si dice consapevole delle «ville hollywoodiane o delle licenze di residenza regalate a persone equivoche che ora stanno dietro le sbarre»; ma non vuole addossarsi le responsabilità di chi lo ha preceduto, perché «noi, quantomeno, stiamo tentando di fare qualcosa: i Pon sulla sicurezza non saranno la panacea di tutti i mali ma rappresentano pur sempre un inizio. La stessa scuola di Polizia penitenziaria, che dovrebbe sorgere a Pistoia, non può essere realizzata fino a quando il Ministero della Giustizia non finanzierà il progetto: cosa fanno i nostri deputati per accelerare l’iter?». «Tra l’altro – conclude Olivo – non è un problema dell’attuale governo perché anche il precedente non ha dato le risposte che ci aspettavamo. Ho sentito parole confortanti da Beppe Pisanu, l’attuale presidente della Commissione antimafia: ora lo aspettiamo sul terreno dei fatti».

L'intervento di Francesco Forgione.

«I vertici calabresi di Confindustria devono smetterla: dalla relazione annuale contro le mafie, risulta che nella nostra regione il potere economico ha denunciato solo per un misero 5%: anziché criticare quanto scritto sulle organizzazioni criminali locali, dovrebbero risolvere il grave problema di omertà che li affligge». Parole di Francesco Forgione, ex parlamentare di Rifondazione comunista ed ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, la cui ultima relazione è diventata il libro “’ndrangheta. Boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo”, edito da Baldini Castaldi Dalai. L’opera è stata presentata presso il centro polivalente di via Fontana Vecchia durante una serata organizzata dal gruppo di associazioni che aderiscono alla sigla Fare rete Catanzaro, alla presenza del sindaco Rosario Olivo, di assessori e consiglieri comunali, e di un pubblico attento e numeroso che ha seguito con interesse quanto raccontato dal professore catanzarese. «In un anno e tre mesi abbiamo realizzato più delle precedenti quattro commissioni antimafia in cinque anni» ha esordito Forgione, secondo cui «se è vero che la ‘ndragheta è stata spesso poco considerata, ultimamente l’impegno civile è stato tale da riaccendere i riflettori sul problema: basti pensare ai tanti convegni che si stanno susseguendo al nord, terra di conquista delle cosche meridionali». Il libro ripropone la relazione della Commissione «scritta con una struttura narrativa e un linguaggio tali da poter essere compresa dal grande pubblico - ha detto, ancora, l’ex parlamentare - e realizzata col contributo dell’opposizione: i giornalisti pensavano più alla presenza di Cirino Pomicino o Alfredo Vito, membri legittimamente nominati, piuttosto che all’unanimità con cui il documento è stato licenziato». Forgione ha, poi, spiegato che la relazione è ricca di metafore («si parla di mafia “liquida” e di organizzazione alla maniera di “Al Qaeda”»), e si racconta la nascita («il primo comune sciolto per mafia? Reggio Calabria nel 1869!»), l’evoluzione («Nettuno ha subito l’interessamento delle cosche di Guardavalle, ma anche Fondi e Bardonecchia sono finite sotto i tentacoli della ‘ndrangheta») e il possibile futuro del fenomeno; si fanno i nomi delle famiglie e la loro dislocazione sul territorio («con cui hanno un rapporto ossessivo: la lottizzazione della Salerno – Reggio Calabria è avvenuta in base ai luoghi di origine delle varie ‘ndrine»); sono riportate le vicende legate al porto di Gioia Tauro e alla sanità («a Vibo si muore perché la mafia controlla tutto, dal bar alle radiografie»). In conclusione, l’ex parlamentare ha invitato a non avere cadute di tensione, a stimolare il dibattito presso i partiti o le università, a chiedere di più dal giornalismo d’inchiesta, perché «la vera forza della ‘ndrangheta è il silenzio: dopo l’omicidio Fortugno e la strage di Duisburg, l’organizzazione criminale più potente del mondo è tornata ad operare, come sempre, sotto traccia». Il comitato spontaneo "Riprendiamoci Catanzaro" ha, quindi, consegnato a Francesco Forgione lo striscione con le firme dei partecipanti alla fiaccolata della legalità di martedì 3 marzo.

Il Pd sul federalismo fiscale















«Se non ci saranno segni tangibili di cambiamento rispetto quanto approvato al Senato, non avrà senso
confermare l’apertura politica che abbiamo offerto alla maggioranza e potremmo deciderci per un voto contrario sul Federalismo fiscale». Lo ha detto Marco Minniti durante la conferenza stampa indetta a Catanzaro per presentare gli emendamenti che la deputazione calabrese proporrà alla Camera dove il disegno di legge delega approderà la prossima settimana. Accanto al parlamentare reggino c’erano Agazio Loiero, Cesare Marini e Ca
terina Corea, la neo eletta segretaria provinciale del Pd per il capoluogo, tutti consapevoli che si tratta di un percorso accidentato, sia per la disparità delle forze in campo col centrodestra in netta maggioranza, sia perché sul nord il partito di Franceschini non ha ancora trovato una vera sintesi. Lo ha ricordato lo stesso Loiero rispondendo indirettamente a Minniti: «Il federalismo fiscale è un processo inarrestabile, lo vuole la maggior parte degli italiani. Ora, quanto successo a causa dei recenti nubifragi è una perfetta metafora dell’Italia: un paese diviso in due con un partito nato per difendere una parte del territorio che ha raggiunto percentuali importanti e detta la linea del Governo». «Mi dispiace che la nostra gente non l’abbia capito - ha proseguito il governatore -. Sarà, comunque, difficile che il Pd possa esprimere un voto contrario perché i colleghi del nord avranno difficoltà a non votare il testo». Tutto, quindi, rimandato a martedì prossimo quando l’assemblea del gruppo deciderà la linea da seguire in aula. Resta, però, molto forte la critica nei confronti dell’Esecutivo, in particolar modo per come è stata gestita l’approvazione del provvedimento. «Innanzitutto, centralizzano la gestione della spesa togliendo potere alle regioni; poi, ogni qual volta occorre finanziare un nuovo progetto, tolgono qualcosa al Sud come accaduto con i fondi Fas» ha detto Marini che ha avuto il compito di illustrare il contenuto degli emendamenti: «Abbiamo proposto alcune affermazioni di principio per cui il federalismo è tale solo se prevede lo sviluppo dei territori arretrati; abbiamo chiesto che i servizi essenziali ai cittadini siano garantiti a prescindere dal rapporto dipendenti/popolazione, cosa che altrimenti colpirebbe i piccoli comuni calabresi; e poi, la rimodulazione delle accise per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabile, anche in considerazione delle nostre due centrali idroelettriche; maggiore attenzione agli investimenti infrastrutturali di cui la Calabria è carente». Minniti, infine, ha ribadito l’importanza di alcune questioni che non possono essere eluse o rimandate: «La prima riguarda la possibilità per i comuni di realizzare le opere già cantierizzate e per cui dispongono delle risorse economiche anche se ciò dovesse violare il patto di stabilità; la seconda è permettere il ripiano dei debiti che la Pubblica amministrazione ha contratto con le imprese, consentendo a quest’ultime di recuperarne subito una quota parte, dando così loro una boccata d’ossigeno». E sulle recenti esternazioni del premier, l’ex ministro ombra si è detto convinto che «la crisi economica non si può sottovalutare né ridurre ad una questione psicologica: rimane pur sempre valida la nostra proposta di una assegno che tuteli i lavoratori licenziati privi di sostegno. Riproporre il tema del Ponte sullo stretto è stata una mera operazione di marketing, fumo negli occhi ai cittadini, per distrarli dallo stato pietoso in cui versa il territorio calabrese: si riparta da qui e poi si pensi alle grandi opere».

LAVATI A MANO DI ERMINIA FIOTI alias PHIL TES





teatro Masciari “Lavati A Mano” di Phil Tes, dal 6 al 22 febbraio.


Una mostra dedicata alla violenza sulle donne, quadri e fotografie che Phil Tes, nome d’arte di Erminia Fioti, ha pensato e realizzato in occasione di “Lavati A Mano”, dal 6 al 22 febbraio al teatro Masciari di Catanzaro. Colori vivaci per i volti femminili, corpi desnudi immortalati in bianco e nero, e poi mele, tante mele disseminate qua e là nei locali dell’esposizione. Opere intense e piene di fascino, in cui la donna è assoluta protagonista. «Il tema mi è molto caro ed oggi è di tristissima attualità - racconta Erminia -. In effetti ci lavoravo da tempo, e quello che vedrete è il frutto di una riflessione sugli effetti devastanti di un abuso: sono visi a cui manca qualcosa, persone che non hanno scritto in faccia il dramma subito ma che internamente soffrono la mancanza di una parte di sé». Un tema non casuale anche perché, aggiunge Phil Tes, «descrivo l’universo femminile che conosco meglio, è il mondo di cui faccio parte, è un rapporto vero e diretto senza intermediazioni o verità fallaci». Non passa inosservata la presenza, quasi una piacevole invasione, del frutto “proibito”: «La mela rappresenta il peccato, e il peccato molto spesso siamo noi donne, quelle che hanno la minigonna o che camminano da sole. Vuole o non vuole, la donna provoca; l’uomo, invece, è sempre giustificato: è un paradosso assurdo perché non c’è niente di più bello e di più naturale, che un amore condiviso». Phil Tes propone diversi linguaggi espressivi, dalla pittura alla fotografia: «Non mi precludo nulla né mi lascio condizionare. Ci sono cose che si possono esprimere meglio in un modo, altre con mezzi diversi». E non manca una sorta di autoritratto: «Ho realizzato “Mirtilla naturale” parecchio tempo fa, dopo anni mi ci rivedo». Erminia è stata anche curatrice di una piccola galleria, lo “Studio d’arte 84, che ricorda come «una esperienza bellissima durata 5 anni, un punto di ritrovo per artisti ma anche per la gente comune, un modo per stare insieme e creare situazioni assai particolari». Oggi Phil Tes torna ad esporre e lo fa con un atto di coraggio, anzi con un atto di amore verso le donne, alle quali dedica realizzazioni molto intense e ricche di fascino.

Pop recycle di Giorgia Boccuzzi e Niko Citriniti





Tetaro Masciari "Pop - Recycle", dal 13 al 28 gennaio 2009

“Pop-recycle” è il nome della mostra che ha inaugurato la stagione 2009 di "Effetti d'arte, prima e dopo lo spettacolo", la rassegna organizzata al teatro Masciari di Catanzaro che dà spazio ai giovani artisti locali. Protagonisti della collettiva che durerà fino al 28 gennaio prossimo sono i catanzaresi Niko Citriniti e Giorgia Boccuzzi. Niko propone una originale serie di opere ispirate dalla Recycle art, vale a dire alla trasformazione e all’assemblaggio di materiale di recupero, suggerendo nuovi utilizzi e spazi di sperimentazione. «Cerco di sensibilizzare la società “dell’usa e getta”, del consumismo aggressivo, che non produce nessun amore nei confronti di ciò che viene considerato solo un prodotto e mai un manufatto» dice. Interessanti le lampade, di diversa forma e composizione, alcune delle quali si sviluppano su manichini femminili, altre composte da lattine di birra fino all’abat-jour che ha per cappello uno scolapasta che disegna originali giochi di luce. Anche la plastica ha un ruolo di primo piano, dall’annaffiatoio giallo fino ai classici contenitori di liquidi tra cui spiccano alcuni utilizzati per contenere vino cinese. Le chicche sono l’appendiabiti realizzato con mani che spuntano dalla parete, il tavolino rivestito di tappi («Dalle birre alle bibite dei discount fino al più classico Crodino»), il bidone che si apre e nasconde al suo interno uno spazio sfruttabile come piccolo bar o per contenere uno stereo. Alla sua prima esposizione, Citriniti racconta che «i rifiuti sono il nostro specchio, sono le cose che non desideriamo più e l’indizio preciso di quello che abbiamo fatto o mangiato; sono un sintomo del nostro livello di civiltà e una spia del degrado del pianeta». Giorgia Boccuzzi, classe 79, propone pitture molto particolari ispirate alla Pop art; quadri dai colori forti e vivaci che traggono spunto dall’amore per Andy Warhol. «Prendo i soggetti delle mie opere dall’universo quotidiano, mi ispiro alle immagini che trasmettono i mezzi di comunicazioni di massa, dal cinema alla tv, li elaboro e li ripropongo sotto forma di fumetti». Sui muri campeggiano le facce di Arnold e John Travolta, il viso di Angelina Jolie e lo sguardo di Hugh Laurie (Il cinico dottor House), l’espressione di Salvador Dalì e il ballo di Bob Marley, i Beatles e una imponente e bellissima Naomi Campbell. Un rivisitazione molto particolare e ricca di fascino, realizzata miscelando sapientemente tecniche diverse, dall’acrilico al decoupage, e materiali differenti come foglie d’oro, scaglie di colori e brillantini. Dunque, una interessante fusione tra Pop art e Recycle art, pezzi unici che non lasceranno indifferente tanto il visitatore occasionale quanto l'appassionato.

Anche su youtube.com

mercoledì 18 febbraio 2009

A distanza di due mesi...

...farò un breve resoconto di quanto successo.
Immagini e parole, come direbbe altramaf!