domenica 29 marzo 2009

Pier Ferdinando Casini a Catanzaro

ALEGGIAVA aria di Democrazia cristiana durante il 3° Congresso cittadino dell’Udc tenutosi sabato scorso nella bella cornice del teatro Masciari di Catanzaro, alla presenza del leader nazionale Pier Ferdinando Casini. Aveva iniziato Mario Tassone, incitando la platea (non numerosissima, circa 250 persone) a «recuperare la storia dello scudocrociato, quella storia fatta di uomini liberi che hanno combattuto insieme importanti battaglie». Ha proseguito lo stesso Casini sfoderando i classici cavalli di battaglia del partito che fu di De Gasperi e Moro: prima parlando dei valori a cui deve ispirarsi l’azione politica dell’Udc («Dobbiamo difendere l’identità cristiana del paese, fa parte della nostra storia») e poi, in riferimento alla crisi economica, sostenendo che «il più importante ammortizzatore sociale in Italia sono le famiglie che usano i risparmi per aiutare i figli disoccupati o i parenti in difficoltà: riproponiamo, dunque, una seria politica familiare». Per il resto, la mattinata scivola via senza particolari annunci o colpi di scena: l’attesa è tutta per l’intervento del politico bolognese che concentra la sua relazione su temi quali la riforma costituzionale, la crisi economica, il federalismo fiscale. «Oggi prevale una idea di politica senza rappresentanza. Servono istituzioni più credibili e parlamentari in grado di difendere territori, principi e valori: un parlamento di nominati non ha alcun interesse a difendere le proprie prerogative e, soprattutto, non disturberà il manovratore. Occorre una idea diversa e noi siamo determinati a d influenzare la vita politica per i prossimi anni: ideologismi e dogmatismi hanno rovinato la politica» ha esordito Casini. Quindi, il ruolo dell’Unione di centro nel contesto istituzionale: «Se il comunismo e il fascismo non esistono più, che idea di libertà abbiamo? Il bipartitismo non è un elemento virtuoso della politica: avevamo proposto di elevare la percentuale di sbarramento, ridurre il frazionismo ma non ci piace l’idea di un uomo solo al comando» con chiaro riferimento al congresso del Pdl che ha celebrato la figura di Berlusconi. Sul momento di difficoltà economica, l’ex presidente della Camera ha le idee chiare: «La crisi c’è e il nostro ammortizzatore sono le famiglie. L’Italia è un paese grande perché composto per il 90% da un ceto medio che ci ha collocato nel novero delle potenze mondiali. Oggi, invece, in tanti stanno sconfinando nella povertà perché non è stata mai proposta una vera politica familiare. Sono le piccole imprese, i lavoratori non tutelati e i giovani i più in difficoltà per cui è necessario un nuovo patto generazionale. Vogliamo essere la forza politica che dice cose che possono dar fastidio: dall’abolizione delle province (ma se ci sono le elezioni ci candidiamo!) alla privatizzazione dei servizi essenziali fino alla riforma delle pensioni». L’Udc è stato l’unico partito che ha espresso voto contrario al Ddl sul federalismo fiscale: «Abbiamo detto no nel nome del principio dell’unità nazionale: si tratta di uno spot della Lega perché ancora non si conoscono le nuove funzioni che saranno assunte dagli enti locali, né la spesa complessiva del progetto. Non ci vergogniamo se ci accusano di voler difendere il Mezzogiorno anche se, in realtà, i nostri sforzi sono volti a tutelare il paese». Altro punto toccato da Casini, quello relativo al testamento biologico: «La legge sul fine vita è migliorabile ma abbiamo votato secondo coscienza: non si può utilizzare il diritto alla vita ad intermittenza permettendo tra l’altro ai medici di denunciare i clandestini: è primitivismo politico e stupidità perché aumenterà il racket della sanità e il rischio di epidemie tra la popolazione». Non mancano le bacchettate alla Sinistra, «incapace di quelle grandi scelte che avrebbero potuto ammodernare l’Italia: se continuano così, Berlusconi governerà per i prossimi dieci anni»; e sulla Regione Calabria, «un ente male amministrato la cui gestione è bocciata dalla gente comune: ci candidiamo per dare un concreto segnale di discontinuità».


Nota a margine: Tra i vari interventi, da sottolineare quelli del segretario regionale Francesco Talarico («Basta campanilismi, basta Catanzaro contro Lamezia, costruiamo una grande area al centro della Calabria») e di Mario Tassone («Il capoluogo s’impoverisce sempre di più: mettiamo da parte i quartierismi e la rivalità inutile con le altre città calabresi».

Sembra che i recenti riconoscimenti alla città di Reggio Calabria hanno risvegliato l’amor proprio dei politici catanzaresi.


Nota a margine (2): L’Udc, col senatore Antonio Fasson, ha proposto un emendamento, poi approvato, che ha cambiato il primo comma dell'articolo 4 del ddl sul biotestamento: precedentemente, per una modifica in commissione voluta dalla maggioranza, era stabilito che le Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) «non sono obbligatorie, ma sono vincolanti». L'emendamento approvato in aula ha soppresso le parole «ma sono vincolanti» rendendo pressoché carta straccia i Dat. Che Casini!

CU NESCI ARRINESCI

Testo di Dario Scimé.

“Cu nesci arrinesci”. Chi abbandona la sua terra, è destinato al successo. Il suo coraggio sarà premiato e avrà una vita piena, ricca di soddisfazioni e libera dal bisogno. La verità è tanto evidente da essere divenuta proverbiale ed incastonarsi nella mente di generazioni di uomini e donne del meridione che, caricati i loro averi su navi ed aerei, hanno portato le loro vite verso le pizzerie, le miniere o le fabbriche dietro le cui insegne rosseggiava il sogno della terra promessa. Mai nessuno, né fra i partenti né fra coloro che restavano, si era mai interrogato sulla premessa che faceva da sfondo a questo proverbio e cioè come mai il partire fosse divenuto inevitabile, come mai la terra di origine non avrebbe ripagato i sacrifici né offerto frutti ai suoi figli affamati. Tutti l’accettavano, la premessa, così come si accetta un dogma di fede. Devono aver ragionato così anche alcuni miei parenti. Tutti partiti per inseguire il sogno americano. Uno si è fermato a Brooklyn, ha sposato una calabrese ed ha avuto due figli, cui ha imposto il nome dei nonni. Ogni tanto tornava a trovarci e allora si abbandonava ad un rancoroso elogio della distribuzione idrica americana. “Ancora cu i biduna siti? A me casa mi fazzu a doccia deci voti o iornu”. Un altro aveva aperto una pizzeria in New Jersey. Le foto ci parlavano di case e frigoriferi sempre più grandi. Eppure, il giorno che l’andai a trovare, mi venne a prendere con una Fiat 131 Supermirafiori. Quando gli chiesi il perché di quell’automobile, mi rispose che al momento di partire aveva giurato a se stesso che avrebbe guidato la migliore macchina italiana. Non la migliore in assoluto, pensai io, ma la migliore d’Italia. Ed ebbi piena contezza del perché nessun emigrante, seppur ricco, sarebbe mai stato realmente felice. Ma quale fenomeno, storico, sociale o economico era dietro la partenza dei miei zii? Chi aveva fatto sì che un siciliano o un calabrese venissero al mondo con il gene del migrante? Chi aveva inaridito una terra agognata dai greci e dagli arabi? A queste domande rispondono “I cumparielli”, i vivi personaggi creati da Walter Vespertini, un calabrese emigrato a Roma, le cui storie individuali, squarciando il velo della storiografia ufficiale, meritano di diventare memoria collettiva di ogni meridionale.

"I cumparielli" al teatro Masciari di Catanzaro.
Foto di Angelo Maggio - www.etnofotografia.com




Antonio Grosso (Antonio) e Maria Concetta Campennì (Michelina).


Da sx: Maria Concetta Campennì, Paolo Russo (Pietro), Caterina Mannello (Marianna),Arturo Versaci (Vitaliano) e Antonio Grosso.


Da sx: Alberto Canali (Il colonnello), Mario Taddeo (Il maresciallo) e Arturo Versaci.


Da sx: Antonio Grosso, Arturo Versaci e Paolo Russo.


mercoledì 25 marzo 2009

Cosa vrei scritto in fretta presso la redazione di un giornale sulla recete sentenza relativa alla Scuola di magistratura

“Il decreto impugnato (il n. 26 del 30 novembre 2006, ndr) dev’essere annullato nella parte recante la sostituzione della provincia di Catanzaro con quella di Benevento". È il passaggio finale, e sicuramente quello più importante, della sentenza con cui la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Presidente Giorgio Giovannini, Consigliere Roberto Politi e Primo referendario nonché relatore Mario Alberto di Nezza) ha sancito l'incongruità della scelta con cui l'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella decise di spostare la nascente Scuola di Magistratura dal capoluogo calabrese a quello sannita. “Sembra al Collegio che la scelta di sostituire la provincia di Catanzaro con quella di Benevento, ancorché operata nell’esercizio dell’ampia sfera discrezionale da riconnettere agli atti di alta amministrazione, esibisca tuttavia una motivazione inadeguata a comprendere le reali ragioni del ripensamento” si legge nelle motivazioni della sentenza emessa il 29 gennaio scorso e pubblicata il successivo 24 marzo. Un importante successo per il comprensorio catanzarese, vittima di un vero e proprio colpo di mano, di una incomprensibile decisione politica contro la quale si scagliarono rappresentanti istituzionali, politici e l'opinione pubblica locale. La storia comincia col decreto legislativo n. 26 del 30 gennaio 2006 allorchè, in un quadro di riforma dell'ordinamento giudiziario, fu istitutita la Scuola superiore della magistratura, che nelle intenzioni del legislatore sarebbe dovuta essere una “struttura didattica autonoma ...” avente “competenza in via esclusiva in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati”. Per quanto rigurda l'organizzazione territoriale, furono inidviduate Bergamo e Latina quali sedi per i distretti rispettivamente del nord e del centro Italia mentre per i distretti ricompresi nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia fu scelta Catanzaro. Fino a quando non intervenne il Governo Prodi, su impulso dell'ex Guardasigilli, che promulgò un decreto col quale, si legge nelle stesse motivazioni della sentenza, “sulla duplice premessa: a) che in nessuna delle province innanzi individuate (Bergamo, Latina e Catanzaro) “è stata segnalata dalle competenti Filiali dell’Agenzia del Demanio […] l’esistenza di immobili demaniali idonei allo scopo previsto”; e b) che le sedi di Latina e Catanzaro “risultano decentrate rispetto sia alle principali arterie di comunicazione stradale e ferroviaria sia agli aeroporti, per cui non sono agevolmente raggiungibili comportando maggiori costi a carico dell’Erario per viaggi e permanenze”; ravvisata altresì l’opportunità di “procedere quanto meno alla sostituzione” di dette due sedi “con altre che siano in possesso di requisiti che le rendano idonee agli scopi perseguiti dall’Amministrazione, con riserva […], in caso di esito negativo della ricerca di edifici demaniali di interpellare i Comuni e le Province per reperire soluzioni adeguate” le province di Latina e di Catanzaro furono sostituite rispettivamente con quelle di Firenze e di Benevento”. Inutili gli appelli e le richieste di chiarimenti: il 24 febbraio 2007 il Ministero della giustizia, le amministrazioni comunale e provinciale di Benevento e l’Università degli studi del Sannio sottoscrissero un Accordo quadro avente ad oggetto “le iniziative da intraprendere per la localizzazione della Scuola”. Contro il provvedimento governativo, nel 2007 proposero ricorso il Comune e la Provincia di Catanzaro, la Regione Calabria e, successivamente, il movimento civico Catanzaro nel cuore ad adiuvandum con l'Amministrazione comunale. Oggi l'importante sentenza emessa dal Tribunale amministrativo del Lazio che dopo aver dichiarato inammissibili le domande del Comune di Catanzaro e della Regione Calabria per “difetto di interesse a ricorrere” (il decreto in effetti parlava di sede da individuare nella “provincia di Catanzaro”), ha accolto le richieste formulate dai legali dell'ente intermedio, annullando “in parte qua il decreto impugnato”. Secondo il Collegio, “nessun elemento di fatto risulta concretamente addotto per dimostrare la posizione “eccentrica” di Catanzaro rispetto a quella “baricentrica” di Benevento; per altro verso non viene chiarito se nella nuova sede fossero o non disponibili immobili demaniali (statali), immediatamente utilizzabili per le finalità della Scuola, e, nel caso di eventuale offerta di edifici comunali o provinciali (secondo quanto divisato nel decreto), se analoga proposta sia stata esternata anche dai corrispondenti enti locali calabresi. Ne segue che il provvedimento impugnato risulta affetto da difetto d’istruttoria”. In altri termini, caduto il cosiddetto decreto Mastella, torna a vigere il precedente provvedimento che invidua la sede della Scuola di Magistratura per i distretti del sud a Catanzaro.

domenica 15 marzo 2009

Festa di san Patrizio



Cari amici,
dopo il successo dello scorso anno Catanzaro si prepara a ricelebrare una delle più antiche feste popolari del mondo, il St. Patrick's day...
Presso il ristorante "A FURNACIA" (vicino il teatro politeama), dalle 22.00 in poi di Martedì 17 Marzo, tra litri di birra, trifogli, folletti e follette irlandesi, pellicole sulla questione irlandese e musica popolare dal vivo, si vivrà l'atmosfera tipica di una giornata celebrata in tutto il mondo...e poi durante la serata, a grande richiesta, riecco la seconda edizione della GARA DELLA BIRRA, anche quest'anno chi berrà il maggior numero di litri di birra bionda, oltre al "boccalone d'oro" che sarà custodito dal vincitore fino al prossimo anno, vincerà un volo per due persone ovviamente direzione Dublino.
VI ASPETTO...
un abbraccio,
Vincenzo

CI SAREMO, CI SAREMO....

5 marzo 2009 - Fare rete incontra Francesco Forgione

La consegna dello striscione con le firme dei manifestanti per la legalità

Parte del pubblico presente in sala

L'intervento del sindaco Rosario Olivo

Il tavolo: Olivo, Tommaso (Lucarelli) Migliaccio, Francesco (l'ospite) Forgione
Vittorio (il prof) Mete, Fabrizio (Altracz) Scarfone.

L'intervento di Rosario Olivo.
«Il momento storico non è dei migliori ma la visita di Francesco a Catanzaro mi dà l’occasione per dire un paio di cose». Francesco è Forgione, l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, nel capoluogo per la presentazione del suo ultimo lavoro; chi ha approfittato dei saluti per parlare della situazione in città è il sindaco, Rosario Olivo. «Stasera si presenta un libro che parla di ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale più pericolosa del mondo, per la quale la Calabria paga molto in termini di vite umane, di immagine, di sviluppo economico. È necessario riaccendere i riflettori su un fenomeno di cui non si parla più, come se il problema fosse risolto», dice amaro il sindaco la cui attenzione si sposta, ben presto, sulle vicende cittadine: «Sono accaduti fatti gravi, ingiustificabili, che richiedono risposte concrete e immediate. Ma non bisogna generalizzare; soprattutto, non bisogna limitarsi all’equazione straniero uguale pericolo perché così non si colpiscono i veri delinquenti». Olivo denuncia un clima difficile, «una situazione di grave regressione sociale» per cui alcune persone, oggi quelle di etnia Rom, «sono costrette a girare a testa bassa. Vorrei sapere dov’è la politica stasera; vorrei capire perché si è presenti sui giornali o in tv e non in occasioni come quella della presentazione di un libro che disegna le relazioni e gli affari della ‘ndrangheta nella nostra regione e nella nostra città: le polemiche sterili e i tentativi di strumentalizzazione non portano a nulla». Il primo cittadino si dice consapevole delle «ville hollywoodiane o delle licenze di residenza regalate a persone equivoche che ora stanno dietro le sbarre»; ma non vuole addossarsi le responsabilità di chi lo ha preceduto, perché «noi, quantomeno, stiamo tentando di fare qualcosa: i Pon sulla sicurezza non saranno la panacea di tutti i mali ma rappresentano pur sempre un inizio. La stessa scuola di Polizia penitenziaria, che dovrebbe sorgere a Pistoia, non può essere realizzata fino a quando il Ministero della Giustizia non finanzierà il progetto: cosa fanno i nostri deputati per accelerare l’iter?». «Tra l’altro – conclude Olivo – non è un problema dell’attuale governo perché anche il precedente non ha dato le risposte che ci aspettavamo. Ho sentito parole confortanti da Beppe Pisanu, l’attuale presidente della Commissione antimafia: ora lo aspettiamo sul terreno dei fatti».

L'intervento di Francesco Forgione.

«I vertici calabresi di Confindustria devono smetterla: dalla relazione annuale contro le mafie, risulta che nella nostra regione il potere economico ha denunciato solo per un misero 5%: anziché criticare quanto scritto sulle organizzazioni criminali locali, dovrebbero risolvere il grave problema di omertà che li affligge». Parole di Francesco Forgione, ex parlamentare di Rifondazione comunista ed ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, la cui ultima relazione è diventata il libro “’ndrangheta. Boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo”, edito da Baldini Castaldi Dalai. L’opera è stata presentata presso il centro polivalente di via Fontana Vecchia durante una serata organizzata dal gruppo di associazioni che aderiscono alla sigla Fare rete Catanzaro, alla presenza del sindaco Rosario Olivo, di assessori e consiglieri comunali, e di un pubblico attento e numeroso che ha seguito con interesse quanto raccontato dal professore catanzarese. «In un anno e tre mesi abbiamo realizzato più delle precedenti quattro commissioni antimafia in cinque anni» ha esordito Forgione, secondo cui «se è vero che la ‘ndragheta è stata spesso poco considerata, ultimamente l’impegno civile è stato tale da riaccendere i riflettori sul problema: basti pensare ai tanti convegni che si stanno susseguendo al nord, terra di conquista delle cosche meridionali». Il libro ripropone la relazione della Commissione «scritta con una struttura narrativa e un linguaggio tali da poter essere compresa dal grande pubblico - ha detto, ancora, l’ex parlamentare - e realizzata col contributo dell’opposizione: i giornalisti pensavano più alla presenza di Cirino Pomicino o Alfredo Vito, membri legittimamente nominati, piuttosto che all’unanimità con cui il documento è stato licenziato». Forgione ha, poi, spiegato che la relazione è ricca di metafore («si parla di mafia “liquida” e di organizzazione alla maniera di “Al Qaeda”»), e si racconta la nascita («il primo comune sciolto per mafia? Reggio Calabria nel 1869!»), l’evoluzione («Nettuno ha subito l’interessamento delle cosche di Guardavalle, ma anche Fondi e Bardonecchia sono finite sotto i tentacoli della ‘ndrangheta») e il possibile futuro del fenomeno; si fanno i nomi delle famiglie e la loro dislocazione sul territorio («con cui hanno un rapporto ossessivo: la lottizzazione della Salerno – Reggio Calabria è avvenuta in base ai luoghi di origine delle varie ‘ndrine»); sono riportate le vicende legate al porto di Gioia Tauro e alla sanità («a Vibo si muore perché la mafia controlla tutto, dal bar alle radiografie»). In conclusione, l’ex parlamentare ha invitato a non avere cadute di tensione, a stimolare il dibattito presso i partiti o le università, a chiedere di più dal giornalismo d’inchiesta, perché «la vera forza della ‘ndrangheta è il silenzio: dopo l’omicidio Fortugno e la strage di Duisburg, l’organizzazione criminale più potente del mondo è tornata ad operare, come sempre, sotto traccia». Il comitato spontaneo "Riprendiamoci Catanzaro" ha, quindi, consegnato a Francesco Forgione lo striscione con le firme dei partecipanti alla fiaccolata della legalità di martedì 3 marzo.

Il Pd sul federalismo fiscale















«Se non ci saranno segni tangibili di cambiamento rispetto quanto approvato al Senato, non avrà senso
confermare l’apertura politica che abbiamo offerto alla maggioranza e potremmo deciderci per un voto contrario sul Federalismo fiscale». Lo ha detto Marco Minniti durante la conferenza stampa indetta a Catanzaro per presentare gli emendamenti che la deputazione calabrese proporrà alla Camera dove il disegno di legge delega approderà la prossima settimana. Accanto al parlamentare reggino c’erano Agazio Loiero, Cesare Marini e Ca
terina Corea, la neo eletta segretaria provinciale del Pd per il capoluogo, tutti consapevoli che si tratta di un percorso accidentato, sia per la disparità delle forze in campo col centrodestra in netta maggioranza, sia perché sul nord il partito di Franceschini non ha ancora trovato una vera sintesi. Lo ha ricordato lo stesso Loiero rispondendo indirettamente a Minniti: «Il federalismo fiscale è un processo inarrestabile, lo vuole la maggior parte degli italiani. Ora, quanto successo a causa dei recenti nubifragi è una perfetta metafora dell’Italia: un paese diviso in due con un partito nato per difendere una parte del territorio che ha raggiunto percentuali importanti e detta la linea del Governo». «Mi dispiace che la nostra gente non l’abbia capito - ha proseguito il governatore -. Sarà, comunque, difficile che il Pd possa esprimere un voto contrario perché i colleghi del nord avranno difficoltà a non votare il testo». Tutto, quindi, rimandato a martedì prossimo quando l’assemblea del gruppo deciderà la linea da seguire in aula. Resta, però, molto forte la critica nei confronti dell’Esecutivo, in particolar modo per come è stata gestita l’approvazione del provvedimento. «Innanzitutto, centralizzano la gestione della spesa togliendo potere alle regioni; poi, ogni qual volta occorre finanziare un nuovo progetto, tolgono qualcosa al Sud come accaduto con i fondi Fas» ha detto Marini che ha avuto il compito di illustrare il contenuto degli emendamenti: «Abbiamo proposto alcune affermazioni di principio per cui il federalismo è tale solo se prevede lo sviluppo dei territori arretrati; abbiamo chiesto che i servizi essenziali ai cittadini siano garantiti a prescindere dal rapporto dipendenti/popolazione, cosa che altrimenti colpirebbe i piccoli comuni calabresi; e poi, la rimodulazione delle accise per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabile, anche in considerazione delle nostre due centrali idroelettriche; maggiore attenzione agli investimenti infrastrutturali di cui la Calabria è carente». Minniti, infine, ha ribadito l’importanza di alcune questioni che non possono essere eluse o rimandate: «La prima riguarda la possibilità per i comuni di realizzare le opere già cantierizzate e per cui dispongono delle risorse economiche anche se ciò dovesse violare il patto di stabilità; la seconda è permettere il ripiano dei debiti che la Pubblica amministrazione ha contratto con le imprese, consentendo a quest’ultime di recuperarne subito una quota parte, dando così loro una boccata d’ossigeno». E sulle recenti esternazioni del premier, l’ex ministro ombra si è detto convinto che «la crisi economica non si può sottovalutare né ridurre ad una questione psicologica: rimane pur sempre valida la nostra proposta di una assegno che tuteli i lavoratori licenziati privi di sostegno. Riproporre il tema del Ponte sullo stretto è stata una mera operazione di marketing, fumo negli occhi ai cittadini, per distrarli dallo stato pietoso in cui versa il territorio calabrese: si riparta da qui e poi si pensi alle grandi opere».

LAVATI A MANO DI ERMINIA FIOTI alias PHIL TES





teatro Masciari “Lavati A Mano” di Phil Tes, dal 6 al 22 febbraio.


Una mostra dedicata alla violenza sulle donne, quadri e fotografie che Phil Tes, nome d’arte di Erminia Fioti, ha pensato e realizzato in occasione di “Lavati A Mano”, dal 6 al 22 febbraio al teatro Masciari di Catanzaro. Colori vivaci per i volti femminili, corpi desnudi immortalati in bianco e nero, e poi mele, tante mele disseminate qua e là nei locali dell’esposizione. Opere intense e piene di fascino, in cui la donna è assoluta protagonista. «Il tema mi è molto caro ed oggi è di tristissima attualità - racconta Erminia -. In effetti ci lavoravo da tempo, e quello che vedrete è il frutto di una riflessione sugli effetti devastanti di un abuso: sono visi a cui manca qualcosa, persone che non hanno scritto in faccia il dramma subito ma che internamente soffrono la mancanza di una parte di sé». Un tema non casuale anche perché, aggiunge Phil Tes, «descrivo l’universo femminile che conosco meglio, è il mondo di cui faccio parte, è un rapporto vero e diretto senza intermediazioni o verità fallaci». Non passa inosservata la presenza, quasi una piacevole invasione, del frutto “proibito”: «La mela rappresenta il peccato, e il peccato molto spesso siamo noi donne, quelle che hanno la minigonna o che camminano da sole. Vuole o non vuole, la donna provoca; l’uomo, invece, è sempre giustificato: è un paradosso assurdo perché non c’è niente di più bello e di più naturale, che un amore condiviso». Phil Tes propone diversi linguaggi espressivi, dalla pittura alla fotografia: «Non mi precludo nulla né mi lascio condizionare. Ci sono cose che si possono esprimere meglio in un modo, altre con mezzi diversi». E non manca una sorta di autoritratto: «Ho realizzato “Mirtilla naturale” parecchio tempo fa, dopo anni mi ci rivedo». Erminia è stata anche curatrice di una piccola galleria, lo “Studio d’arte 84, che ricorda come «una esperienza bellissima durata 5 anni, un punto di ritrovo per artisti ma anche per la gente comune, un modo per stare insieme e creare situazioni assai particolari». Oggi Phil Tes torna ad esporre e lo fa con un atto di coraggio, anzi con un atto di amore verso le donne, alle quali dedica realizzazioni molto intense e ricche di fascino.

Pop recycle di Giorgia Boccuzzi e Niko Citriniti





Tetaro Masciari "Pop - Recycle", dal 13 al 28 gennaio 2009

“Pop-recycle” è il nome della mostra che ha inaugurato la stagione 2009 di "Effetti d'arte, prima e dopo lo spettacolo", la rassegna organizzata al teatro Masciari di Catanzaro che dà spazio ai giovani artisti locali. Protagonisti della collettiva che durerà fino al 28 gennaio prossimo sono i catanzaresi Niko Citriniti e Giorgia Boccuzzi. Niko propone una originale serie di opere ispirate dalla Recycle art, vale a dire alla trasformazione e all’assemblaggio di materiale di recupero, suggerendo nuovi utilizzi e spazi di sperimentazione. «Cerco di sensibilizzare la società “dell’usa e getta”, del consumismo aggressivo, che non produce nessun amore nei confronti di ciò che viene considerato solo un prodotto e mai un manufatto» dice. Interessanti le lampade, di diversa forma e composizione, alcune delle quali si sviluppano su manichini femminili, altre composte da lattine di birra fino all’abat-jour che ha per cappello uno scolapasta che disegna originali giochi di luce. Anche la plastica ha un ruolo di primo piano, dall’annaffiatoio giallo fino ai classici contenitori di liquidi tra cui spiccano alcuni utilizzati per contenere vino cinese. Le chicche sono l’appendiabiti realizzato con mani che spuntano dalla parete, il tavolino rivestito di tappi («Dalle birre alle bibite dei discount fino al più classico Crodino»), il bidone che si apre e nasconde al suo interno uno spazio sfruttabile come piccolo bar o per contenere uno stereo. Alla sua prima esposizione, Citriniti racconta che «i rifiuti sono il nostro specchio, sono le cose che non desideriamo più e l’indizio preciso di quello che abbiamo fatto o mangiato; sono un sintomo del nostro livello di civiltà e una spia del degrado del pianeta». Giorgia Boccuzzi, classe 79, propone pitture molto particolari ispirate alla Pop art; quadri dai colori forti e vivaci che traggono spunto dall’amore per Andy Warhol. «Prendo i soggetti delle mie opere dall’universo quotidiano, mi ispiro alle immagini che trasmettono i mezzi di comunicazioni di massa, dal cinema alla tv, li elaboro e li ripropongo sotto forma di fumetti». Sui muri campeggiano le facce di Arnold e John Travolta, il viso di Angelina Jolie e lo sguardo di Hugh Laurie (Il cinico dottor House), l’espressione di Salvador Dalì e il ballo di Bob Marley, i Beatles e una imponente e bellissima Naomi Campbell. Un rivisitazione molto particolare e ricca di fascino, realizzata miscelando sapientemente tecniche diverse, dall’acrilico al decoupage, e materiali differenti come foglie d’oro, scaglie di colori e brillantini. Dunque, una interessante fusione tra Pop art e Recycle art, pezzi unici che non lasceranno indifferente tanto il visitatore occasionale quanto l'appassionato.

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